La revoca dell’amministratore senza giusta causa nelle società di capitali: quale il danno risarcibile sulla base dell’art. 2383 c.c.? Cenni sugli aspetti sostanziali e processuali

LA REVOCA DELL’AMMINISTRATORE SENZA GIUSTA CAUSA NELLE SOCIETA’ DI CAPITALI: QUALE IL DANNO RISARCIBILE SULLA BASE DELL’ART. 2383 C.C.? CENNI SUGLI ASPETTI SOSTANZIALI E PROCESSUALI

In caso di revoca dell’amministratore di società azionaria, alla responsabilità contrattuale ex art. 2383 c.c. relativa al lucro cessante per i compensi residui non percepiti, derivante dal fatto stesso del recesso senza giusta causa dal rapporto di amministrazione, può aggiungersi la responsabilità, sempre di natura contrattuale, per la violazione delle regole di buona fede e correttezza, oppure una responsabilità extracontrattuale della società, o di soggetti in concorso con essa, solo in presenza di condotte che costituiscano un quid pluris, diverso ed ulteriore, rispetto alla revoca in sé, come allorché le stesse ragioni esternate dalla revoca, in luogo che essere semplicemente insussistenti o inidonee a fondare il potere di recesso, oppure le concrete modalità della cessazione del rapporto, connotate da colpa o dolo, siano tali da ledere un diritto della persona (come onore, reputazione, identità personale, con le eventuali ricadute patrimoniali) distinto dal diritto dell’amministratore alla prosecuzione della carica sino alla sua naturale scadenza” (Cass. civ. Sez. I, sent. 26.01.2018, n. 2037)

Il presidente del consiglio di amministrazione di una s.p.a. era stato revocato dall’assemblea dei soci prima della scadenza naturale del suo incarico, ed ha agito in giudizio per vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento del danno per lucro cessante (compensi non percepiti a causa dell’anticipata cessazione dalla carica) e del danno all’immagine ed alla professionalità, derivanti dalla revoca anticipata senza giusta causa.

Il giudice di legittimità ha rigettato il ricorso proposto dall’ex amministratore, confermando la sentenza di appello impugnata, che aveva riconosciuto solo il danno da lucro cessante, e ritenuto insussistente l’ulteriore danno all’immagine ed alla professionalità lamentato, poiché tardivamente introdotto in giudizio e comunque non provato.

La revoca dell’amministratore, ai sensi dell’art. 2383 c.c., è una facoltà che l’assemblea dei soci può esercitare “in qualunque tempo”, a prescindere dalla naturale scadenza della carica. Essa si configura come un potere di recesso ex lege in capo alla società, con l’unico limite della “giusta causa”, intesa dalla giurisprudenza quale qualsiasi fatto idoneo a compromettere il rapporto fiduciario che lega la società con i propri amministratori, che non necessariamente deve configurare un inadempimento ai doveri derivanti dalla carica gestoria; più semplicemente, è sufficiente un qualsiasi evento atto a minare irreversibilmente il pactum fiduciae tra soci ed amministratori (ex multis, Cass. 5 luglio 2019 n. 18182; Trib. Milano, sez. Imprese, 03.05.2019; Trib Roma, sez. Imprese, 28.02.2019). Essa non si pone, tuttavia, come condizione di efficacia della revoca, ma diviene rilevante esclusivamente nell’ambito patrimoniale, poiché funge da discrimen sul piano della tutela obbligatoria (risarcitoria) eventualmente spettante all’ex amministratore: se la revoca risulta sorretta da una giusta causa, è escluso in radice l’obbligo risarcitorio per la società. Al contrario, il soggetto revocato avrà diritto ad ottenere un risarcimento pari alle retribuzioni non percepite per il tempo che, in origine, sarebbe dovuto durare il rapporto gestorio. A tal fine, è reso necessario che la delibera di revoca indichi espressamente ed analiticamente la giusta causa; questo perché, sempre secondo la S.C., la revoca è atto dell’assemblea, e come tale, è in quella sede che le motivazioni alla stessa trovano le adeguate ponderazioni e valutazioni (Cass. 12 settembre 2008 n. 23557; Trib. Milano 06.05.2013;).

Ne deriva, quindi, che la giusta causa si pone come fatto costitutivo del diritto della società di recedere senza incorrere in obbligazioni risarcitorie in favore dell’ex amministratore: da un punto di vista processuale, di conseguenza, si produce un’inversione dell’onere della prova, e la società convenuta (in senso formale) si ritrova nella posizione di attrice (in senso sostanziale). L’amministratore, dal canto suo, può semplicemente limitarsi a contestare la mancanza di una giusta causa di revoca, senza necessità di provarne l’insussistenza, se non, eventualmente, opporre in eccezione fatti impeditivi, modificativi o estintivi in risposta all’enunciazione dei fatti costitutivi proposta dalla società.

Quanto al danno all’immagine e alla professionalità, la giurisprudenza ha un orientamento ben definito e consolidato: ritiene, infatti, che esso possa sussistere in conseguenza di una revoca senza giusta causa dalla carica di amministratore, ma che non per questo debba considerarsi in re ipsa, come, al contrario, il danno per lucro cessante. È necessario che, oltre all’assenza di giusta causa, vi sia un quid pluris, e cioè che le ragioni che hanno indotto la revoca, siano altresì idonee a danneggiare in modo diretto ed immediato altri aspetti dell’individuo, quali ad esempio la reputazione professionale ed il prestigio. Inoltre, indispensabile è che venga fornita la prova – questa volta da pare dall’ex amministratore – del nesso causale tra la condotta della società (rectius, non solo la mancanza di giusta causa, ma anche altre condotte esterne alla delibera in sé), da valutare complessivamente ed in concreto, e l’asserito danno lamentato.

I danni ulteriori trovano anch’essi fonte nella responsabilità contrattuale ex art. 2383 c.c. – la quale, di per sé, già sorge, con riferimento ai danni per lucro cessante, in presenza di ragioni inidonee ad integrare la giusta causa di revoca – e possono sussistere quando:a) le ragioni poste a base della revoca violano le norme di correttezza e buona fede; ovvero b) l’esecuzione della delibera di revoca venga espletata con modalità attuative contrarie alla legge (es: diffamazioni ecc..).

Tuttavia, è imprescindibile che il tutto risulti essere conseguenza immediata e diretta della revoca anticipata, la cui valutazione parte pur sempre dalle motivazioni esplicitate nella relativa delibera, e poste a suo fondamento.

Avv. Enrico Perrella

Dott.ssa Anna Pappalardo

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