Rapporto libero-professionale autonomo – Iscrizione albo professionale –  Esclusione subordinazione – Qualificazione rapporto – Recesso contratto prestazione opera – Maternità professioniste

Nota a Tribunale di Roma, Sez. Lav. 2 marzo 2020, n. 2170 (Est. Giudice Dott.ssa Bracci)

La vicenda riguarda una psicologa, iscritta all’albo professionale e titolare di partita iva, che ha convenuto in giudizio un’Organizzazione senza fini di lucro operante nel settore dell’assistenza socio-sanitaria (quest’ultima patrocinata da CPK Legal & Consulting), al fine di vedersi riconoscere la natura subordinata del rapporto e l’illegittimità della comunicazione di mancato rinnovo del contratto di prestazione d’opera (erroneamente qualificata dalla ricorrente come licenziamento), poiché asseritamente privo di giusta causa e giustificato motivo.

Le doglianze della professionista sono state rigettate in toto, con contestuale accoglimento della linea difensiva dell’Organizzazione.

Sulla qualificazione del rapporto, il Tribunale, in linea con la costante ed uniforme giurisprudenza di legittimità, ha statuito che, ai fini della distinzione tra rapporto di lavoro subordinato ed autonomo:

  • costituisce requisito fondamentale il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di un’assidua attività di controllo e vigilanza delle prestazioni lavorative. L’esistenza di tale vincolo deve essere concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto subordinato che di rapporto di lavoro autonomo;
  • occorre avere riguardo al concreto atteggiarsi del potere direttivo del datore di lavoro, il quale, affinché assurga ad indice rivelatore della subordinazione, non può manifestarsi in direttive di carattere generale – di per sé compatibili anche con un rapporto libero professionale – ma deve esplicarsi in ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa, stabilmente inserita nell’organizzazione aziendale (cfr. Cass. n. 29646 del 16.11.2018).

Il Tribunale ha, altresì, specificato che lo svolgimento di controlli da parte del datore di lavoro è compatibile con ambedue le forme di rapporti, e, comunque, ai fini della qualificazione del rapporto, la forma di retribuzione e la stessa collaborazione, possono avere valore indicativo, ma mai determinante (cfr. Cass. nn. 3594/2011, 22929/2004, 6701/1983).

Sulla scorta di tale autorevole insegnamento e condividendo la strategia difensiva di CPK Legal & Consulting, il Giudice di Prime Cure ha ritenuto insussistenti gli elementi della subordinazione poiché:

  • la ricorrente non è stata sottoposta al potere direttivo e disciplinare dell’Organizzazione;
  • la ricorrente, durante il contratto di prestazione d’opera, ha svolto attività libero professionale presso altri studi privati, finanche pubblicizzando la propria attività professionale su internet;
  • la stessa non ha mai avuto necessità di richiedere alcuna autorizzazione in caso di assenza;
  • l’ingerenza dell’Organizzazione è stata finalizzata esclusivamente al raccordo delle prestazioni libero-professionali con la struttura aziendale e, comunque, non è stata fornita la prova rigorosa di deviazione dallo schema contrattuale di opera professionale (e, sul punto, Cass. n. 29649 del 16.11.2018 ha stabilito che anche nel rapporto libero professionale sussistono poteri di eteroconformazione e controllo ed obblighi di diligenza e di osservanza delle istruzioni nella esecuzione delle prestazioni dedotte in contratto).

Per tale ragione, il Tribunale ha così determinato che: “…l’organizzazione della prestazione non risulta aver ecceduto le esigenze di coordinamento dell’attività del professionista con quella dello studio; altresì i controlli – esercitati sui tempi dell’incarico e sul risultato conclusivo dell’attività svolta dal collaboratore – non hanno riguardato le modalità di espletamento dell’incarico, dunque non sono stati espressione del potere conformativo sul contenuto della prestazione, propria del datore di lavoro. Pertanto va escluso l’elemento della subordinazione, con conseguente rigetto della domanda, dovendosi ritenere assorbita ogni altra questione concernente il licenziamento”.

Parimenti, è stata rigettata anche la domanda subordinata relativa alla conservazione del posto di lavoro, poiché “alle libere professioniste non si applica la disciplina della conservazione del posto di lavoro, in quanto le stesse non hanno obbligo di astensione dal lavoro; come evidenziato dalla Corte Costituzionale le libere professioniste possono ricevere l’indennità di maternità e continuare a lavorare senza alcun limite, anche fino al giorno prima del parto (Corte Cost. n. 150 del 1994 e n. 181 del 1993)”.

Avv. Patrizia Casula

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