Contagio da Covid-19 e responsabilità del datore di lavoro: i chiarimenti dell’INAIL con Circolare n. 22 del 20.05.2020

L’avvio della Fase 2 e, a partire dal 18 maggio, l’ulteriore allentamento delle misure restrittive e la possibilità di ripresa delle attività per numerosi altri esercizi (tra cui bar, ristoranti, servizi per la cura della persona, ecc.) hanno posto il problema di individuare adeguate misure di contenimento del contagio anche attraverso la predisposizione di appositi Protocolli di Sicurezza.

Come noto, il panorama normativo generale è rappresentato dall’art. 2087 c.c. e dal D. Lgs. n. 81/2008: il primo, una norma aperta che impone al datore di lavoro di adottare le misure che tutelino l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro; il secondo, un Testo Unico che dà contenuto dispositivo al primo, predisponendo specifiche misure in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

Ciò che, però, ha messo in allarme imprenditori e datori di lavoro di tutta Italia è stato l’aver ricondotto il contagio da Covid-19 ad un’ipotesi di infortunio, con tutto ciò che ne consegue in termini di responsabilità civile e penale, alimentando un dibattito sulla sussistenza o meno della suddetta responsabilità anche nelle ipotesi in cui il datore di lavoro abbia adottato tutte le misure previste dalla suddetta normativa e dagli appositi Protocolli di sicurezza sottoscritti per i vari settori di attività.

In tale marasma è dovuto intervenire direttamente l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro con un comunicato stampa del 15 maggio (qui consultabile), con il quale – anticipando la pubblicazione di una successiva circolare esplicativa – ha inteso precisare che: “I criteri applicati dall’Inail per l’erogazione delle prestazioni assicurative ai lavoratori che hanno contratto il virus sono totalmente diversi da quelli previsti in sede penale e civile, dove è sempre necessario dimostrare il dolo o la colpa per il mancato rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza”.

In sostanza, l’Istituto si è trovato a dover evidenziare – forse anche nell’ottica delle preoccupazioni imprenditoriali – che la riconducibilità del contagio da Covid-19 nell’alveo degli infortuni sul lavoro (ex art. 42, comma 2, D.L. n. 18/2020) non determina in modo automatico e diretto il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro, in quanto i criteri per l’erogazione dell’indennizzo previsto in caso di infortunio sono totalmente diversi da quelli necessari alla configurabilità della responsabilità del datore di lavoro in sede penale e civile.

Singolare, tuttavia, il modo in cui l’INAIL ha inteso concludere tale comunicato, ove si legge che “la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiologico, rendano peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro”.

Quasi a voler, in questa nuova fase, tranquillizzare fortemente aziende, imprenditori e datori di lavoro in genere, infondendo loro ottimismo e coraggio nella ripresa delle proprie attività.

La circolare esplicativa preannunciata è stata pubblicata ieri: si tratta della n. 22 del 20.05.2020 (qui consultabile), la quale è suddivisa in tre macro aree: i. la tutela Inail ex art. 42, comma 2, D.L. n. 18/2020, convertito con L. n. 27/2020; ii. l’accertamento dell’infortunio da contagio da SARS-Cov-2; iii. il regresso.

In questa nota, ci concentreremo sui primi due argomenti.

Sulla tutela INAIL ex art. 42, comma 2, D.L. n. 18/2020, convertito con L. n. 27/2020

In sostanza l’Istituto parte dalla premessa che l’infezione da SARS-Cov-2 è un’infezione da agente biologico e, in quanto tale, deve rientrare – in caso di contagio in occasione di lavoro – tra le coperture INAIL quale infortunio, non tanto perché dettato dall’art. 42, comma 2, D.L. n. 18/2020 quanto perché “Si tratta della riaffermazione di principi vigenti da decenni, come già richiamati dalla circolare 3 aprile 2020, n. 13, nell’ambito della disciplina speciale infortunistica, confermati dalla scienza medico-legale e dalla giurisprudenza di legittimità in materia di patologie causate da agenti biologici”.

Precisa, poi, che nell’indennità per inabilità temporanea assoluta rientra anche il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria, per cui – essendo gli oneri degli eventi infortunistici posti a carico della gestione assicurativa nel suo complesso – non è previsto alcun maggior onere a carico delle imprese.

Sull’accertamento dell’infortunio da contagio da SARS-Cov-2

La SARS-Cov-2, rientrando tra le malattie infettive e parassitarie, rappresenta il caso di scuola in tema di infortunistica in cui è difficile – se non impossibile – individuare il momento esatto del contagio.

Per tale ragione, l’INAIL – richiamando le linee guida già emanate per questo genere di eventi con la circolare n. 74 del 23.11.1995 – torna a ribadire due principi fondamentali in tema indennizzabilità del suddetto evento:

  1. la necessaria correlazione tra lo svolgimento dell’attività lavorativa e l’alterazione dell’equilibrio anatomico-fisiologico dell’organismo causato dal virus;
  2. l’ammissione alla tutela anche in caso di mancata dimostrazione dell’episodio specifico di contagio, purché ci sia la prova – anche per presunzioni semplici (purché ragionevoli, probabili e verosimili) – che il contagio sia avvenuto per motivi riguardanti l’attività lavorativa. Da ciò ne deriva che è sempre ammessa la prova contraria.

Come chiarito dallo stesso INAIL, “Il riconoscimento dell’origine professionale del contagio, si fonda in conclusione, su un giudizio di ragionevole probabilità ed è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio”.

Ed è in virtù di quanto sopra, che l’Istituto ha riaffermato che i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail sono diversi da quelli per la configurabilità della responsabilità penale e civile, nel senso che l’accusa in sede penale non può essere sostenuta sulla base del riconoscimento della prestazione INAIL e in sede civile è necessario l’accertamento della colpa del datore di lavoro nella causazione dell’evento.

Corretto, peraltro, il riferimento alla recente Cass. n. 3282/2020, secondo la quale “non si può automaticamente presupporre, dal semplice verificarsi del danno, l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate, ma è necessario, piuttosto, che la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto.”.

Da ciò ne consegue che se, da una parte, il datore di lavoro può andare esente da responsabilità se ha rispettato i protocolli e le linee guida, dall’altra parte ciò non comporta un’esclusione a priori della tutela infortunistica: e ciò in considerazione del fatto che non è possibile ipotizzare un luogo di lavoro in cui il rischio sia pari a zero.

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Si segnala, infine, che sul portale del Ministero della Salute è stata attivata un’apposita sezione dedicata al Covid-19 e alla sicurezza dei lavoratori (qui consultabile), ove sono indicati:

  • le principali raccomandazioni per imprese e lavoratori in tema di informazione, accesso alla sede di lavoro, igiene in azienda, spazi comuni, spostamenti, casi sintomatici in azienda, medico competente e RLS;
  • i documenti elaborati dall’INAIL unitamente all’ISS ed approvati dal Comitato Tecnico Scientifico del Governo per i settori della ristorazione, della balneazione e della cura della persona.

Avv. Gabriele Aprile

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