Il lavoro al tempo del Covid-19: lo “smart working” quale misura di contenimento della diffusione del virus

Nel clima di emergenza epidemiologica che stiamo vivendo – causa, come noto, dell’arresto di gran parte delle attività produttive e commerciali – lo smart working si sta rilevando come una delle misure più importanti di contenimento della diffusione del virus, attraverso cui, da un lato, tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori e, dall’altro, proseguire l’attività produttiva aziendale, oggi più che mai in piena crisi economica.

 

1. COS’È LO SMART WORKING?

Il lavoro agile o smart working, disciplinato dagli artt. 18/23 della L. n. 81/2017, è una modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato che ha la funzione di favorire la produttività ed agevolare la conciliazione tra la vita privata e il lavoro dei dipendenti.

Le caratteristiche principali dello smart working sono:

  • lo svolgimento della prestazione lavorativa in parte all’interno e in parte all’esterno dei locali aziendali;
  • la flessibilità di orari e di sede;
  • l’assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti al di fuori dei locali aziendali;
  • la possibilità di utilizzare strumenti tecnologici che consentano di lavorare da remoto;
  • la volontarietà delle parti che sottoscrivono un accordo individuale (avente forma scritta) circa le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa ex art. 19 della L. 81/2017.

 

2. SMART WORKING: MISURA “PREDILETTA” DAL GOVERNO PER CONTRASTARE LA DIFFUSIONE DEL VIRUS

Il Governo, al fine di contenere e gestire la diffusione del virus, ha attuato a partire dal mese di febbraio una serie di misure che intervengono sulle modalità di accesso al lavoro agile (cd. smart working).

I primi interventi in materia risalgono ai D.P.C.M. del 23 e 25 febbraio 2020 che prevedevano la possibilità di applicare il lavoro agile, anche in assenza degli accordi individuali di cui all’art. 19 della L. n. 81/2017, soltanto alle aree considerate maggiormente a rischio nelle situazioni di emergenza nazionale e locale.

Soltanto a partire dal D.P.C.M. del 1° marzo 2020 la suddetta possibilità è stata estesa – per tutta la durata dell’emergenza – all’intero territorio nazionale e ad ogni tipo di lavoratore subordinato.

Quanto precede ha ricevuto conferma con il D.P.C.M. dell’11 marzo 2020, con cui sono stati invitati i responsabili delle attività commerciali e produttive ad effettuare “il massimo utilizzo” della modalità di lavoro agile per tutte le attività che potessero essere svolte dai dipendenti presso il proprio domicilio o, comunque, a distanza.

Lo stesso D.P.C.M. ha assicurato, ove concretamente possibile, “lo svolgimento in via ordinaria” delle prestazioni lavorative in forma agile anche per il personale dipendente delle Pubbliche Amministrazioni.

Con specifico riferimento alle PP.AA., il D.L. 17 marzo 2020 n. 18, cd. “Cura Italia” ha confermato che il lavoro agile rappresenta “la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni”.

È stato, altresì, riconosciuto il diritto dei lavoratori dipendenti disabili (o che avessero nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità) a svolgere – ove concretamente possibile – la prestazione in modalità di lavoro agile. Ai dipendenti con ridotta capacità lavorativa è stata, invece, attribuita la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni in tale modalità.

 

3. COME CAMBIA LO SMART WORKING AI TEMPI DEL COVID-19?

L’analisi delle fonti sopra richiamate evidenzia come le necessità derivanti dall’emergenza in corso abbiano radicalmente stravolto l’istituto del lavoro agile per la cui attuazione, allo stato, sono state previste per tutta la durata dell’emergenza (ovvero sino al 31 luglio 2020) una serie di semplificazioni e/o variazioni.

  • La perdita di rilevanza dell’accordo individuale di cui all’art. 19, comma 1, L. n. 81/2017

La modalità di svolgimento del lavoro agile può essere stabilita anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla norma.

Ciò significa che le Imprese e gli Enti pubblici interessati potranno imporre ai lavoratori subordinati lo svolgimento del rapporto in modalità agile anche a prescindere dal loro consenso. È sufficiente una comunicazione con la quale il datore di lavoro informi il dipendente dell’inizio del lavoro in modalità agile, indicando la durata dello stesso e fornendo le istruzioni necessarie per l’espletamento della prestazione lavorativa da remoto.

  • L’informativa sui rischi per la salute e sicurezza del lavoro

Allo stato, tale informativa può essere resa al dipendente e al rappresentante dei lavoratori in modalità semplificata, anche in via telematica (per mezzo di una semplice e-mail), utilizzando il modulo disponibile sul sito “www.inail.it”, in deroga alla disciplina prevista dall’art. 22 L. n. 81/2017 che prevede, invece, la consegna di una informativa ad hoc sui rischi generali e specifici connessi all’esercizio di quella determinata prestazione lavorativa.

  • La comunicazione di avvio del lavoro agile

In relazione a tale aspetto, la nuova procedura consente di ottemperare attraverso la trasmissione dal portale “www.lavoro.gov.it” dell’autocertificazione contenente l’elenco dei lavoratori posti in regime di smart working e del file con i dati obbligatori richiesti dalla procedura di comunicazione, in difformità alla normativa di riferimento che prevede invece l’obbligo di trasmettere l’accordo individuale (non più determinante sino al 31 luglio 2020) e a cui tale procedura sopperisce.

  • Le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa

L’orario di lavoro. Nello svolgimento del lavoro agile non sono previsti vincoli di orario. La prestazione dovrà svolgersi nei limiti della durata massima dell’orario di lavoro (giornaliero e settimanale) derivante dalla legge e dalla contrattazione collettiva e il lavoratore avrà diritto ad almeno 11 ore consecutive di riposo giornaliero. In assenza dell’accordo individuale a cui normalmente si demanda, il datore di lavoro dovrà comunque comunicare al lavoratore i tempi di riposo e le misure tecniche organizzative per assicurare il diritto alla disconnessione, nonché l’orario di lavoro in cui lo stesso – nonostante non vi siano vincoli di orario – dovrà essere reperibile (che di norma si identifica con il consueto orario di lavoro svolto in azienda).

Il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa. Il lavoro agile non potrà che essere svolto dal lavoratore solo ed esclusivamente presso il proprio domicilio. Viene meno, dunque, almeno sino al termine dell’emergenza l’impianto normativo originario che prevedeva l’assenza di una postazione fissa.

Gli strumenti di lavoro. Gli strumenti di lavoro necessari per lo svolgimento della prestazione al di fuori dei locali aziendali sono generalmente consegnati al dipendente dal proprio datore di lavoro. Tuttavia, nel clima di profonda emergenza che stiamo vivendo, laddove siano indisponibili o comunque insufficienti le dotazioni informatiche fornite dall’azienda, il lavoro agile potrà essere svolto anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente ovvero attraverso dispositivi (ad es. computer e collegamento internet) di cui lo stesso sia già dotato. Qualora, invece, il lavoratore non disponga di mezzi per svolgere la prestazione da remoto, gli stessi dovranno essere forniti dall’azienda, salvo la possibilità per la stessa di ricorrere a strumenti alternativi (ferie pregresse, cassa integrazione, congedi ecc.).

 

4. NEL PIENO DELLA CRISI EPIDEMIOLOGICA LO SMART WORKING È UN DIRITTO O UN DOVERE PER IL DATORE DI LAVORO?

Per rispondere a questa domanda occorre anzitutto partire da quelli che sono gli obblighi del datore di lavoro, che deve adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei propri dipendenti dai rischi connessi al rapporto di lavoro, ivi incluso il rischio biologico.

In tale circostanza, il potere datoriale di disporre lo svolgimento della prestazione lavorativa da remoto deve inquadrarsi come dovere, atteso che lo stesso dovrà ricorrere al lavoro agile tutte le volte in cui ne sussistano le condizioni di fattibilità.

Un eventuale diniego potrà essere opposto soltanto per effettive ragioni organizzative e produttive oggettive, quali, ad esempio, l’impossibilità di svolgere la prestazione da remoto o la necessità di garantire, comunque, un presidio in azienda, prevedendo ove possibile una turnazione.

In tal caso il datore di lavoro dovrà scegliere quali dipendenti adibire al lavoro a distanza e quali all’interno dell’azienda secondo criteri oggettivi e corretti, dando priorità nell’esecuzione della prestazione da remoto a coloro che rientrano, ad esempio, in una o più delle seguenti condizioni:

  • affetti da patologie gravi o, comunque, complesse (quali, a titolo esemplificativo, quelle asmatiche e cardiovascolari), immunodepressione o in terapia oncologica ed essere muniti di adeguata certificazione medica attestante la patologia;
  • essere in stato di gravidanza certificato;
  • riconoscimento di grave handicap ai sensi della L. n. 104/1992 art. 3, commi 2 e 3;
  • avere l’esigenza – con la chiusure di tutte le scuole, di ogni ordine e grado – di accudire i figli minori di 14 anni, a condizione che l’altro genitore non usufruisca già del lavoro in modalità agile;
  • avere l’esigenza di assistere familiari in situazione di grave handicap ai sensi della L. n. 104/1992, art. 3, commi 2 e 3;
  • essere invalido/a civile almeno al 51%, certificato da una struttura pubblica competente;
  • avere età anagrafica uguale o maggiore di 63 anni.

 

5. IL LAVORATORE PUÒ “PRETENDERE” DI LAVORARE IN SMART WORKING?

Sulla base di quanto sopra esposto, se l’attività lavorativa lo consenta e non sia necessaria la presenza in azienda, il lavoratore avrà senz’altro diritto a lavorare in smart working.

In tale ottica, il lavoratore interessato a svolgere la prestazione in modalità di smart working può presentare una richiesta motivata al datore di lavoro il quale, accertata la fondatezza dei presupposti, non potrà negare l’autorizzazione all’esercizio della prestazione lavorativa da remoto, a meno che non voglia esporsi a profili di potenziale responsabilità ex art. 2087 c.c. (“Tutela delle condizioni di lavoro”).

D’altro canto, tale misura dovrà essere applicata dal datore prioritariamente rispetto ad ogni altra misura che incida maggiormente e negativamente sulla condizione lavorativa ed economica del lavoratore.

Allo stato, sembra, dunque, plausibile l’esigibilità da parte del dipendente di lavorare in smart working qualora il difetto del ricorso a tale modalità lavorativa da parte del datore non sia giustificato da ragioni oggettive.

 

6. ALTRI ASPETTI RILEVANTI DELLO SMART WORKING

  • Trattamento economico e normativo. Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento economico e normativo rispetto ai colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie, nonché la tutela in caso di infortuni e malattie professionali.
  • Potere direttivo e di controllo del datore di lavoro. I controlli a distanza sono ammessi solo nel caso in cui derivino da esigenze organizzative e produttive per la sicurezza del la voro e per la tutela del patrimonio aziendale nei limiti di quanto disposto dall’art. 21 L. n. 81/2017 e dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.
  • Salute e sicurezza. Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa (ma non di quelli propri del lavoratore). Deve, inoltre, garantire ex artt. 22 e 23 della L. n.81/2017 la salute e la sicurezza dello smart worker e la tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
  • Obblighi del lavoratore. Il lavoratore è responsabile per l’uso improprio dei dispositivi tecnologici che gli sono stati assegnati, per la violazione delle direttive aziendali contenenti le indicazioni sul corretto utilizzo di tali mezzi e della normativa sulla riservatezza dei dati aziendali.

Avv. Noemi Ingiosi

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