Concessioni balneari: cassata una delle sentenze che limitano l’efficacia al 31 dicembre 2023
Le #proroghe delle concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative – ormai note per sineddoche come #concessioni balneari – passeranno nuovamente per il giudizio del #Consiglio di Stato. Così può essere sintetizzato l’effetto della sentenza Sezioni Unite civili della #Corte di cassazione n.32559 pubblicata 23 novembre scorso.
Poco più di due anni fa, le sentenze n. 17 e 18 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 9 novembre 2021, sembravano aver messo un punto sulla questione delle cosiddette concessioni balneari e della loro proroga ex lege. Infatti, il massimo consesso della giustizia amministrativa aveva affermato, da un lato, il principio di diritto per cui le norme nazionali che hanno disposto la proroga automatica delle concessioni non devono essere applicate (compresa la proroga al 31 dicembre 2033 disposta dall’art. 1, commi 682 e 683, legge n. 145 del 2018) e, dall’altro, auspicando intervento normativo di riordino della materia, che le concessioni in essere sarebbero state conservate fino al 31 dicembre 2023.
Tali pronunce sono state rese negando l’ammissibilità degli interventi, spiegati a tutela di interessi legittimi collettivi, di alcune associazioni di categoria e di Enti territoriali. Contro la sentenza n. 18 dell’Adunanza plenaria ha fatto ricorso in cassazione un sindacato di balneari, seguito dai ricorsi incidentali della Regione Abruzzo e di un’associazione di categoria.
Secondo i ricorrenti – principali e incidentali – l’Adunanza plenaria, escludendo la loro legittimazione a intervenire nel giudizio, è incorsa in diniego o rifiuto di giurisdizione, ossia in quei vizi che, ai sensi dell’art. 111, ottavo comma, cost., possono essere fatti valere davanti alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.
Con la sentenza n. 32259/2023, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ritenuto che “Avere escluso pregiudizialmente tutte le associazioni e gli enti dalla partecipazione alla fase del giudizio dinanzi all’A.P., che era la sede nella quale sarebbero stati enunciati principi sostanzialmente normativi e vincolanti per i giudici e anche per le amministrazioni pubbliche, è sintomo di diniego o arretramento della giurisdizione in controversia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo”.
Pertanto, la sentenza n. 18/2021 dell’Adunanza Plenaria è stata cassata e, con essa, l’affermazione del termine del 31 dicembre 2023 allo scadere del quale “tutte le concessioni demaniali in essere dovranno considerarsi prive di effetto”.
Va osservato che il medesimo termine del 31 dicembre 2023 era stato parallelamente affermato nella sentenza gemella, la n. 17/2021, che non è invece stata impugnata. Esso, inoltre, è stato dapprima confermato dal legislatore nella l. 5 agosto 2022, n. 118, per poi essere modificato in quello del 31 dicembre 2024 con il d.l. 29 dicembre 2022 n. 198, così come convertito in legge dalla l. 24 febbraio 2023 n. 14.
Con tale ultimo intervento il legislatore ha vietato agli enti concedenti di procedere all’emanazione di bandi di assegnazione delle concessioni in questione fino all’adozione, da parte del Governo, dei decreti legislativi volti a riordinare e semplificare la materia. Le concessioni in essere continuerebbero in ogni caso ad avere efficacia “sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori” (art. 10-quater del d.l. 29 dicembre 2022 n. 198, introdotto dalla legge di conversione l. 24 febbraio 2023 n. 14).
La questione è quindi nuovamente rimessa al Consiglio di Stato, che si pronuncerà sulla questione della proroga delle concessioni tenendo conto degli interventi delle associazioni di categoria e degli enti locali, ma anche – conferma la sentenza della Cassazione – “alla luce delle sopravvenienze legislative”.
La normativa intervenuta, tuttavia, è già stata oggetto di censure da parte del Consiglio di Stato, per il quale “si pone in frontale contrasto con la sopra richiamata disciplina di cui all’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, e va, conseguentemente, disapplicata da qualunque organo dello Stato” (Consiglio di stato 1° marzo 2023 n. 2192.
Inoltre, le stesse disposizioni sono state sottoposte all’attenzione della Commissione europea, la quale, in un parere che precede di una sola settimana la sentenza della Cassazione, ha ritenuto che le proroghe contenute nelle norme di cui sopra mirino “a mantenere la validità delle attuali ‘concessioni balneari’ almeno fino al 31 dicembre 2024 e, potenzialmente, per un periodo illimitato o comunque indefinito oltre tale data” (ad oggi infatti non sono ancora stati adottati i decreti legislativi per cui il Governo è stato delegato) e sarebbero quindi contrarie al diritto dell’Unione per le ragioni affermate dalla Corte di giustizia nella nota sentenza Promoimpresa del 2016, dando all’Italia un termine di due mesi per adottare le disposizioni necessarie a conformarvisi.