Effetti dei contratti sottoscritti dall’utilizzatore in caso di risoluzione del leasing di unità da diporto

Con l’ordinanza n. 32783/2021, pubblicata il 9 novembre scorso, la sesta sezione della Corte di cassazione si è pronunciata sulla controversia introdotta da un cantiere nautico nei confronti del proprietario di un’imbarcazione (presumibilmente da diporto, ma la sentenza non contiene alcuna specificazione al riguardo) per il pagamento di importi per servizi di ormeggio e manutenzione (rectius rimessaggio).

I contratti su cui si fondavano le domande del cantiere erano stati sottoscritti dall’utilizzatore-conduttore dell’imbarcazione, il quale l’aveva in godimento in virtù di un rapporto di locazione finanziaria (cosiddetto leasing di nave) con l’istituto di credito proprietario della stessa, convenuto in giudizio dal cantiere. Cessato il contratto di locazione finanziaria, risoltosi per inadempimento dell’utilizzatore, l’imbarcazione era tornata nella disponibilità del proprietario.

La principale questione sottoposta alla Corte era dunque quella di stabilire se gli importi spettanti al cantiere in virtù dei contratti sottoscritti dall’utilizzatore-conduttore in locazione finanziaria durante il periodo in cui questi aveva il godimento dell’imbarcazione dovessero o meno essere pagati dall’istituto di credito proprietario dell’imbarcazione e concedente in leasing. Il cantiere riteneva infatti che, in virtù della presunzione di armatore disposta dall’articolo 272 del codice della navigazione («In mancanza della dichiarazione di armatore debitamente resa pubblica, armatore si presume il proprietario fino a prova contraria»), l’istituto di credito proprietario dell’imbarcazione fosse, come armatore, debitore degli importi oggetto di contesa. Da contro, l’istituto di credito proprietario dell’imbarcazione opponeva l’esistenza di una dichiarazione di armatore in favore dell’utilizzatore, invocando la propria estraneità ai contratti stipulati da quest’ultimo, in qualità di armatore dell’imbarcazione, con il cantiere.

La Corte ha negato al cantiere la possibilità di esigere dal proprietario dell’imbarcazione il pagamento degli importi contesi.

In particolare, è stata considerata inammissibile la deduzione relativa alla pretesa applicazione della presunzione di armatore disposta dall’articolo 272 del codice della navigazione.

L’ordinanza della Corte tocca quindi, seppur incidentalmente, le questioni relative alla qualità di armatore nei rapporti di locazione finanziaria, alla responsabilità dell’armatore (articolo 274 del codice della navigazione, parimenti invocato dal cantiere a sostegno delle proprie domande) e alla dichiarazione di armatore, materie attualmente regolate, con riferimento alle unità da diporto, dal codice della nautica da diporto.

L’articolo 24-bis del suddetto codice, introdotto dalla riforma di cui al decreto legislativo 3 novembre 2017 n. 229 (pubblicato in G.U. 29/01/2018, n.23), dispone al comma 8: «In mancanza della dichiarazione di armatore, armatore si presume il proprietario fino a prova contraria. In caso di unità da diporto concesse in locazione finanziaria, armatore si presume l’utilizzatore dell’unità in locazione finanziaria, fino a prova contraria» (enfasi nostra).

Poiché l’armatore è il soggetto responsabile delle obbligazioni «contratte per quanto riguarda sia l’utilizzo che l’esercizio dell’unità da diporto» (comma 9 dell’articolo 24-bis), tanto l’ordinanza in questione quanto il codice della nautica da diporto esprimono la tendenza, con riferimento alle imbarcazioni da diporto oggetto di contratti di leasing, a far convergere sull’utilizzatore le obbligazioni relative all’imbarcazione.

In caso di cessazione anticipata del rapporto di leasing, è quindi interesse dell’utilizzatore adottare gli opportuni accorgimenti per tutelare la propria posizione con riferimento alla pubblicità dell’esercizio e ai rapporti instaurati durante il periodo in cui è stato armatore dell’imbarcazione.

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