Crescono i rischi per le società con la 231/01: estensione dei reati presupposto con reati tributari collegati

Il D. Lgs. n. 75/2020 (G.U. 15 luglio 2020) ha esteso la responsabilità amministrativa degli enti anche a taluni reati tributari, riguardanti  fattispecie illecite che si consumano con la presentazione delle dichiarazioni.[1]

I reati collegati alle dichiarazioni cui è stata estesa la responsabilità amministrativa degli enti sono:

  1. Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, con sanzione differente a seconda che l’imponibile non veritiero sia superiore o inferiore a € 1.000.000,00;
  2. Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici;
  3. Dichiarazione infedele;
  4. Omessa dichiarazione.

Con riferimento ai nuovi illeciti introdotti è bene evidenziare come l’adeguamento dei modelli organizzativi potrebbe interessare la prevenzione dei soli reati di dichiarazione fraudolenta atteso che essi scattano a prescindere dalla somma evasa o dall’importo non veritiero.

Per gli illeciti connessi a tali reati l’ente può andare incontro, oltre alle immancabili sanzioni pecuniarie (aggravabili se l’ente ne ha tratto un profitto di rilevante entità), alle «sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e)» e, dunque, alla pubblicazione della sentenza di condanna. Secondo i principi generali, sarà poi sempre applicabile la confisca del profitto, disciplinata dagli artt. 19 e, quando applicabile, 6, co. 5 del Decreto (e, dunque, in fase cautelare, del sequestro ad essa prodromico): l’ente diventa, quindi, un potenziale destinatario diretto della confisca del profitto del reato (i.e. il risparmio d’imposta) tanto in forma diretta quanto per equivalente, consentendo, così, di superare le traballanti distinzioni fissate dalla sentenza delle Sezioni Unite Gubert[2].

Per prevenire effettivamente la responsabilità dell’Ente, come noto, il Modello deve essere aggiornamento ed applicato in modo effettivo, cioè sia legato alla concreta realtà aziendale sia concretamente posto in essere. Non potendosi limitare alla previsione di situazioni generiche o peggio a duplicare modelli standard predisposti da altri, senza prevedere procedure, controlli, formazione.

Altra condizione necessaria è la presenza e l’effettiva attività di controllo dell’Odv indipendente, cui sono affidati i compiti delicati di verifica della bontà dei Modelli, procedure ed effettiva applicazione.

I Modelli organizzativi devono dunque essere aggiornati ai nuovi reati tributari ma, affinché tale attività abbia rilevanza e non venga considerata a posteriori del tutto ininfluente ai fini della prevenzione delle sanzioni alle società, è opportuno individuare i vari accorgimenti ritenuti idonei dalla giurisprudenza di legittimità per provare l’estraneità dell’imputato rispetto alle fattispecie illecite penali e tributarie. Basti pensare che sola la dichiarazione fraudolenta attraverso l’indicazione  di fatture inesistenti può manifestarsi in tre modi ossia: a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte; a fronte di operazioni che indicano i corrispettivi o l’IVA in misura superiore a quella reale; a fronte di operazioni che si riferiscono a soggetti diversi da quelli effettivi.

L’adeguamento dei modelli 231 alle nuove tipologie di illeciti comporta senza dubbio, un ulteriore impegno ma l’adeguamento procedurale e poi effettivo  potrebbero non solo prevenire la sanzione in capo all’azienda ma anche risultare da supporto per il legale rappresentante dell’azienda, al quale – soprattutto in presenza di fatture soggettivamente inesistenti – viene normalmente addebitato di non aver operato con l’ordinaria diligenza per individuare l’attività fraudolenta del proprio fornitore.

Avv. Matteo Giovine

Avv. Enrico Perrella

 

[1] Per un approfondimento sul Decreto fiscale, si vedano: G. Varraso, Decreto fiscale e riforma dei reati tributari. Le implicazioni processuali, in Dir. pen. proc., 3, 2020, pp. 332 ss.; F. Sgubbi, Nuova prescrizione e nuova confisca penale tributaria (un connubio che inquieta), in Discrimen, 10 gennaio 2020, pp. 1 ss.; R. Bartoli, Responsabilità degli enti e reati tributari: una riforma affètta da sistematica irragionevolezza, in Sist. pen., 3/2020, pp. 219 ss.; A. Perini, Brevi note sui profili penali tributari del D.L. n. 124/2019, in Sist. pen., 3 dicembre 2019, p. 2 ss.; A. Ingrassia, Il bastone (di cartapesta) e la carota (avvelenata): iniezioni di irrazionalità nel sistema penale tributario, in Dir. pen. proc., 3, 2020, pp. 307 ss.; S. Finocchiaro, In vigore la “riforma fiscale”: osservazioni a prima lettura della legge 157/2019 in materia di reati tributari, confisca allargata e responsabilità degli enti, in Sist. pen., 7 gennaio 2020, pp. 1 ss.; volendo, anche A.M. Dell’Osso, Corsi e ricorsi nel diritto penal-tributario: spunti (critici) sul c.d. decreto fiscale, in Dir. pen. proc., 3, 2020, p. 318 ss.

[2] Si veda, in particolare, C. E. Paliero – F. Mucciarelli, Le Sezioni Unite e il profitto confiscabile: forzature semantiche e distorsioni ermeneutiche, in Dir. pen. cont., 20 aprile 2015, pp. 1 ss.

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