I contratti a termine dopo il “decreto dignità” e la legge di conversione

Con il Decreto Dignità (D.L. 87/2018) e la L. 96 del 9/8/2018 di conversione (pubblicata nella G.U. 186 dell’11/8/2018), numerosi sono stati gli istituti giuslavoristici riformati. Tra questi, il contratto a termine (C.T.). Le novità, quindi, si applicheranno: 1) ai C.T. stipulati successivamente il 14/7/2018 (data di entrata in vigore del Decreto Dignità) 2) alle proroghe e rinnovi stipulati successivamente il 1/11/2018.

La durata massima del C.T. è stata ridotta a 24 mesi (ad esclusione dei contratti per attività stagionali[1]: ad es. raccoglitori di olive o nocciole, sgusciatori di mandorle, attività del personale addetto alle arene cinematografiche e quello assunto per corsi di insegnamento professionale di breve durata). Tale limite si applica sia al singolo contratto, sia alle successioni di contratti stipulati tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria, a prescindere dai periodi di interruzione intercorsi tra un contratto e l’altro. Tuttavia, i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché́ dei contratti collettivi aziendali, stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria potrebbero prevedere una durata massima superiore. Se il limite dei 24 mesi viene superato (per effetto di un singolo contratto o di una successione degli stessi), il rapporto di lavoro si “trasforma” a tempo indeterminato. Il C.T. deve essere stipulato in forma scritta. In difetto, l’apposizione del termine è priva di effetti. Copia del contratto dovrà consegnarsi al lavoratore entro 5 gg. dall’inizio dell’attività lavorativa, eccezion fatta per i rapporti di durata non superiore a 12 gg.. Sarà sempre possibile sottoscrivere un ulteriore C.T. della durata massima di 12 mesi, ma presso l’Ispettorato Territoriale del lavoro competente, alla presenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Sarà, comunque, possibile stipulare C.T. per qualsiasi esigenza e per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, senza alcuna specifica causale, solo per contratti di durata fino a 12 mesi. Il termine potrà  superare i 12 mesi laddove sussista almeno una delle seguenti causali: a) esigenze: – sostitutive di altri lavoratori; – temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività dell’azienda; b) esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria. In caso di stipula di un C.T. di durata superiore a 12 mesi in assenza di causale, lo stesso si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di 12 mesi. I C.T. per attività stagionali sono esclusi dalla disciplina delle causali. Il C.T. potrà essere prorogato fino ad un massimo di 4 volte, nell’arco dei 24 mesi. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, le aziende potranno assumere a termine al massimo il 20% del n. di lavoratori assunti a tempo indeterminato in forza al 1/1 dell’anno di assunzione (tale limite legale si esclude per i C.T. conclusi per: – le fasi di avvio di nuove attività, nei periodi definiti dai contratti collettivi; – lo svolgimento di attività stagionali; – specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisive e produzione di opere audiovisive; – la sostituzione di lavoratori assenti; lavoratori di età superiore a 50 anni. L’impugnazione del contratto deve avvenire entro 180 gg. dalla cessazione del singolo contratto, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale.

Roma, 25 ottobre 2018

Avv. Patrizia Casula

[1]) Ovvero collegate a specifici periodi in cui la domanda cresce in modo evidente. Ciò accade soprattutto nei settori turistico, agricolo ed alimentare.

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