Anche l’amministratore di una S.p.A. può essere qualificato incaricato di pubblico servizio ai sensi e per gli effetti dell’art. 358 c.p.

I soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l’attività della società medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica – anche solo con riguardo ad uno specifico oggetto – e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici.” (Cass. Pen., Sez. III, 4 settembre 2019, n. 37054)
Il caso concerne una società per azioni operante nel settore informatico, interamente partecipata da altra società per azioni della quale il Ministero dell’Economia e Finanze era il maggior azionista, e titolare di un appalto per la predisposizione e fornitura di un particolare software a varie istituzioni pubbliche.
Alcuni dei suoi componenti, fra cui l’amministratore delegato, sono stati condannati per reati tributari, di truffa, corruzione, con il riconoscimento del vincolo associativo ex art. 416 c.p. (associazione per delinquere).
Nell’impugnazione della sentenza di appello, uno dei condannati ha lamentato, anche, l’errata qualificazione dell’amministratore delegato come incaricato di pubblico servizio – secondo la definizione dell’art. 358 c.p. – e la conseguente ascrizione del reato proprio di corruzione di incaricato di pubblico servizio (art. 320 c.p.).
La Suprema Corte ha ritenuto infondata la doglianza in questione, riprendendo un consolidato orientamento secondo cui, invece, a determinate condizioni è possibile che anche un amministratore delegato di società per azioni, operante con strumenti di diritto privato, venga qualificato come pubblico ufficiale o (come nel caso di specie) incaricato di pubblico servizio.
L’art. 358 c.p. stabilisce che “sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.
A differenza della “funzione pubblica”, il pubblico servizio è una categoria residuale, individuata per esclusione; rispetto alla prima, questo difetta dei poteri tipici della stessa, e cioè quelli deliberativi, autoritativi e certificativi. Tuttavia, entrambe si connotano come attività poste in essere nell’interesse della collettività; ed entrambe possono essere svolte sia da enti pubblici che, in taluni casi, da soggetti privati, solitamente scelti mediante procedure ad evidenza pubblica (ma, a volte, anche mediante affidamento diretto).
Nel caso di specie, la Cassazione ha argomentato partendo dalla esaustiva motivazione della Corte territoriale, la quale aveva evidenziato anzitutto lo stretto legame che intercorreva tra la società in questione ed un Ente pubblico (Ministero dell’Economia) che, non solo era il maggior azionista della società partecipante al 100% la società coinvolta, ma era altresì il concedente dell’appalto nell’ambito del quale erano stati commessi i reati ascritti all’amministratore delegato ed agli altri componenti della società. Inoltre, ha ritenuto che il servizio reso dalla società non si concretizzasse esclusivamente in una “attività materiale e meramente esecutiva, fungibile con altra prestazione fornita indifferentemente da altro soggetto, ma attività di ingegneria altamente specializzata1.
Da ultimo: il software predisposto dalla società per le istituzioni pubbliche concerneva la tracciabilità di rifiuti. La Corte del merito, seguendo un costante orientamento giurisprudenziale, e per l’appunto confermata in tal senso dalla Cassazione, è giunta a riconoscere la natura di “pubblico servizio” all’attività svolta dalla società, atteso che – facendo leva sui sopra citati elementi fattuali – ben poteva trattarsi di attività di pubblico interesse, finalizzata al perseguimento di interessi di pubblica utilità2.
Il tutto, si rammenta, ancorché la società fosse esercitata mediante strumenti di diritto privato, ed avesse ottenuto l’appalto mediante affidamento diretto e non con gara ad evidenza pubblica.
Qualificata l’attività nei termini di cui sopra, come diretta conseguenza deriva l’imputazione del reato di cui all’art. 320 cp a carico dell’amministratore delegato. La norma rimanda ai reati prescritti dai precedenti artt. 318 e 319 cp, riferiti al pubblico ufficiale, stabilendo che questi possano essere contestati anche all’incaricato di pubblico servizio, ancorché con pene ridotte.
Nella fattispecie, all’amministratore delegato veniva contestata la “Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio” (cfr. 319 c.p.); data per pacifica la condotta tenuta, qualora il Giudice non avesse qualificato l’attività svolta come “pubblico servizio”, l’amministratore avrebbe subìto esclusivamente condanne in sede civile, atteso che la fattispecie dell’art. 319 cit. – come anche le altre ipotesi di corruzione – richiede, per la relativa consumazione, che vi sia la qualità di incaricato di pubblico servizio (rectius pubblico ufficiale) dal lato del corrotto.
Il consolidato orientamento giurisprudenziale si deve anche, e soprattutto, alla modifica intervenuta con la l. 26 agosto 1990, n. 86, la quale ha modificato la nozione di “incaricato di pubblico servizio” di cui all’art. 358 c.p.
Nel testo antecedente la riforma, il criterio utilizzato dal legislatore per individuare tale soggetto, era quello del rapporto impiegatizio con lo Stato o atri enti pubblici; si trattava di un criterio di natura soggettiva.
Nella nuova formulazione, al contrario, si è assunto un criterio di natura oggettiva, legato all’attività svolta e non tanto al rapporto che può o meno intercorrere tra un ente pubblico ed il soggetto agente.
In virtù di tale mutamento di criterio qualificativo di incaricato di pubblico servizio, la giurisprudenza, coerentemente, ha potuto ampliare il novero dei soggetti identificabili come tali, facendo leva dapprima sulla qualifica della attività svolta e, quindi, sulla consequenziale qualifica dell’agente come incaricato di pubblico servizio.

Dott.ssa Anna Pappalardo

Avv. Enrico Perrella

 

[1] C.d.A. Napoli, 05.01.18, oggetto dell’impugnazione di cui alla Cass. Pen. in commento.

[2] In tal senso Cass. Pen 19484/2018, secondo la quale “I soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l’attività della società medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici” in CED Cassazione 2018.; Cass. Pen. 36874/17; Cass. Pen. 45908/13

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