Le spese dell’ispezione nel procedimento per mala gestio ex art. 2409 c.c. promosso dal socio

Se il ricorrente ha ragione perché deve essere condannato alle spese di ispezione?

Una diversa e più “vivente” lettura del secondo comma.

 

Il secondo comma dell’art. 2409 c.c. sembra chiaro e non discutibile : “Il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare l’ispezione dell’amministrazione della società a spese dei soci richiedenti, subordinandola, se del caso, alla prestazione di una cauzione [119 c.p.c.]. Il provvedimento è reclamabile”.

La norma ricalca l’art. 152 del Codice del Commercio del 1882 (non illustrato nella Relazione) che però si riferiva ad una fase d’urgenza ante riunione dell’assemblea generale (Il Tribunale … ove riconosca l’urgenza di provvedere prima dell’assemblea generale, può ordinare con decreto l’ispezione dei libri della società, e nominare, a tal uopo, uno o più commissari, a spese dei richiedenti)

Purtuttavia, non riusciamo ad immaginare chi sia quel socio che non sia ampiamente titubante nel ricorrere alla Giustizia, soprattutto se non è particolarmente abbiente, avendo per certo che, accolte le sue domande (che, ricordiamo, sono svolte nell’interesse immediato della società e solo indirettamente per gli  interessi del socio) si troverà costretto comunque a pagare le spese di ispezione, spesso ingenti.  Situazione che da sola rappresenta un efficace deterrente a non rivolgersi alla Giustizia o, al più, a rendere l’accesso alla Giustizia ingiustamente ristretto solo a chi gode di ampia possibilità economica. E’ immediatamente percepibile una irragionevolezza o ingiustizia che sia. 

Riteniamo, pertanto, non irragionevole affermare che l’applicazione giurisprudenziale del 2° comma la quale pone, sic et simpliciter, le spese di ispezione sempre e comunque in capo al ricorrente  anche se “vincitore” , nasca da una lettura  della norma non più attuale, non costituzionalmente orientata e limitata al mero dato letterale. Lettura della norma  – comunque contraddittoria come vedremo appresso – che non tiene sufficientemente conto sia della effettiva ratio dell’art. 2409 c.c. nel suo complesso sia della ratio del solo secondo comma; soprattutto alla luce dell’evoluzione degli istituti giuridici sottesi e della effettiva tutela delle parti processuali.

Difatti, ex art. 12 Preleggi, anche per l’interpretazione letterale non disgiunta da quella logica, riteniamo che debba darsi una più esatta e costituzionalmente orientata lettura del 2° comma, coordinato con tutti i principi sia dello stesso 2409 c.c. nella sua interezza che del sistema processuale.

Conseguentemente, a nostro convinto avviso la norma va riferita solo al momento dell’ordine dell’ispezione non al momento di chiusura del procedimento.

Ciò in ragione dei criteri di interpretazione letterale e logica, ma anche sistematica e teleologica. Non è un caso che le norme del Legislatore contenute nei vari commi dell’art. 2409 c.c. seguono le cadenze temporali dei fatti prodromici al ricorso e della procedura in camera di consiglio: le spese dell’ispezione sono poste a carico del denunciante nell’atto generativo dell’ispezione: l’ordine del Tribunale di ispezione.

Non va sottovalutato anche il criterio cronologico di interpretazione per il nostro caso. Essendo norme del 1942 integrate dalla riforma L. n. 3 del 2006 (introduzione reclamabilità del decreto che ordina l’ispezione e inserimento al 7° comma “del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione, nonché, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio”) che però escludeva l’applicabilità dell’art. 2409 c.c. alle srl, poi re-applicato alle srl dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza D. Lgs. n. 14/19.

Rileggendo l’art. 2409 c.c. del 1942 è chiaro che non vi è differenza tra le spese di ispezione di cui al 2° comma e quelle del 7° comma: all’epoca il 7° comma riguardava solo il Pm ed era più che logica la ratio del porre le spese non in capo al Pm ma in capo al soggetto interessato, la società. E ciò in eccezione al 2° comma che ribadiva il principio generale secondo cui le spese, nel momento dell’accoglimento dello strumento di acquisizione di quanto necessario alla decisione (l’ispezione appunto), le affronta la parte richiedente, secondo il noto principio dell’anticipazione delle spese processuali.

Tale lettura va coordinata con l’inesistenza di norma (comma) sulla imputazione finale delle spese. E questo perché all’epoca i procedimenti di volontaria giurisdizione erano affrontati dalla dottrina, dalla giurisprudenza, dal Legislatore con una nota diversa ottica.

Riprova, la recente introduzione, per diritto vivente giurisprudenziale, anche in questi procedimenti dell’applicazione dell’art. 91 c.p.c.     

Ma, applicare come alcuna giurisprudenza fà l’art. 91 c.p.c. solo in parte (spese dei difensori si, spese dell’ausiliario- ispettore no) pare irragionevole, errato ed ingiusto.  I principi del 91 c.p.c. sono di ordine generale per ogni procedimento. Ritenere che il 2° comma dell’art. 2409 c.c. faccia eccezione non appare giustificato da alcun principio. Anzi appare immediatamente il contrario.

Autorevole precedente (Corte appello , Milano , 27/01/2005, in Dejure) interpreta proprio nel senso qui in parola: “Essendo l’ispezione giudiziale lo strumento approntato dall’ordinamento per accertare le irregolarità lamentate e si configura quindi propriamente come un atto necessario al procedimento, come tale rientrante nella previsione dell’art. 8 del d.P.R. n. 115 del 2002, l’attribuzione a carico dei richiedenti delle relative spese non può interpretarsi anche come attribuzione definitiva, ma ha natura chiaramente anticipatoria e quindi non preclusiva dell’applicazione dell’art. 91 c.p.c., restando quindi esclusa la possibilità che delle spese rispondano anche i soci che abbiano vittoriosamente proposto l’istanza di ispezione, oltre che la società ispezionata o il socio di maggioranza della stessa”.

Anche alcuni Giudici romani in più recenti pronunce applicano i principi ex art. 91 c.p.c. nella loro interezza: nella procedura promossa da un socio, compensate le spese di lite, quelle di ispezione venivano poste a carico della spa ispezionata (Trib. Roma 15.12.17, relatore Romano; confermata da CdA Roma 6.04.17 in Foro It., 2018, 5, 1762), confermando così che anche se ricorre un socio le spese vanno a carico di chi ha avuto interesse.

Anche autorevole dottrina (A. Nascosi, Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, pag. 1033) conforta la nostra interpretazione: “Riguardo alle spese del procedimento il comma 2° dell’art. 2409 c.c. stabilisce che “il tribunale […] può ordinare l’ispezione della amministrazione della società a spese dei soci richiedenti, subordinandola, se del caso, alla prestazione di una cauzione”. Tale disposizione concerne soltanto l’anticipazione ex lege delle spese processuali, senza disciplinare il carico definitivo delle medesime, in quanto la previsione legislativa si riferisce a un provvedimento istruttorio e non al decreto che definisce il procedimento… Ne deriva che nei casi di iniziativa della minoranza, questa deve provvedere, anticipandole, alle spese degli atti che pone in essere.”… “In sostanza, chi ha dato causa al procedimento o chi vi ha resistito senza valida ragione, con ciò determinando ad altre parti interessate alla fattispecie giudiziale esborsi processuali necessari per consentire attraverso la contrapposizione delle varie tesi l’accertamento giudiziale, è tenuto al relativo rimborso. Secondo questo indirizzo, il principio di causalità, che trova la sua naturale espressione nel procedimento contenzioso ordinario, conserva la sua ragione d’essere anche ove non vi sia un autentico contrasto di una parte rispetto all’altra, ma una sia indotta dall’altra a sopportare le spese processuali”.

La sentenza della Corte Costituzionale  n. 87 del 2021  (Giur. costituzionale, 2021, 3, 1106)  in relazione alla imputazione delle spese di ctu alla fine dell’accertamento tecnico preventivo, affronta il nostro caso concreto, ed è proprio in questo senso (cfr. parte motiva 5-8) .

In buona sostanza la Corte Cost. afferma che possono rimanere le spese anticipate in capo al richiedente poiché può ripeterle instaurando il successivo giudizio di merito di cui il procedimento preventivo è un antecedente. Cioè vi è solo una anticipazione di spesa la cui ripetizione a carico di chi ha dato causa è rimessa alla volontà dell’istante con la successiva e naturale azione ordinaria, con la normale regolazione finale delle spese.

Nel caso che ci occupa la definizione dell’iter processuale della debenza delle spese di ispezione è il decreto di liquidazione delle spese di ispezione con l’imputazione del pagamento al ricorrente-socio, poichè nel procedimento ex art. 2409 c.c. non è previsto alcun successivo giudizio di merito.  

D’altronde il criterio della soccombenza finale deve trovare applicazione con riguardo a qualsiasi provvedimento che, nel risolvere situazioni contrapposte, elimini il processo dinanzi al giudice che lo emette (C. App. Roma, 8.06.2001, Foro it. 2002 I, 831; App. Milano 11 luglio 1997, società 1998, 171, nonché Trib. Roma 13 luglio 2000, ivi, 2000,2103, secondo cui le spese del procedimento di controllo sulla gestione debbono gravare sugli organi revocati).

Inoltre, non va sottovalutato secondo noi nell’operazione interpretativa che il 2° comma, come pone l’ispezione “a spese dei soci”, pone l’ispezione anche “..subordinandola , se del caso, alla prestazione di una cauzione.”. Notoriamente, la cauzione è tipica dell’inizio di una determinata fase e non della conclusione; ha natura cautelare, strettamente strumentale e intrinsecamente caduca. Quindi l’intero 2° comma (ex Legislatore del 1942, confermato da quello del 2006) si riferisce, nel suo susseguirsi temporale degli atti della procedura (come degli effetti di tali atti), solo alla fase iniziale avanti il Collegio. 

Che sia la società la beneficiaria dell’azione del socio denunciante è palese e statuito da tutta la giurisprudenza anche di Cassazione : “La denunzia è ammessa a tutela dell’interesse della società e dà vita ad un procedimento di amministrazione di interessi privati, definito di volontaria giurisdizione, il quale comporta un’attività oggettivamente amministrativa, connotata dalla modificabilità e revocabilità dei provvedimenti” (Cass. n. 30052/2011; Cass. n. 8226/2000; Cass. n. 6241/1999; Cass. n. 11729/1998; Cass. n. 60/1985; App. Roma, 3 gennaio 2000; Trib. Bologna 12 giugno 1993.  In Dejure.it).

Tant’è che anche le spese di amministrazione giudiziaria sono a carico della società: Le spese sostenute dalla società nel corso dell’amministrazione giudiziaria, disposta dal giudice ai sensi dell’art. 2409 c.c., non possono gravare sui ricorrenti, sia se si tratti del compenso dell’amministratore giudiziario, sia se relative alla gestione ordinaria, o straordinaria, necessaria per eliminare le gravi irregolarità riscontrate, in quanto è la società che si giova dell’attività di tale ausiliario del giudice. (Nella specie, l’amministratore giudiziario, nominato dal tribunale, era stato revocato dalla corte di appello in sede di reclamo)  (Cass. n. 27663/11).

Non si comprende allora la diversa e non ragionevole logica, difatti mai spiegata nelle pronunce, di porre – anche definitivamente – le spese di ispezione in capo ad un soggetto che non è quello direttamente interessato a rilevare le gravi irregolarità.

Tutto l’art. 2409 c.c. ruota intorno all’interesse della società. 

Importante, a nostro avviso, è anche la  differenza letterale tra il 2° comma  (può ordinare…a spese dei soci..) ed il 7° comma (I provvedimenti posso essere adottati ..le spese per l’ispezione…). Come, in realtà prima ancora,  l’esistenza stessa di due commi diversi che affrontano sempre lo stesso argomento delle spese d’ispezione.

Non è un caso. Difatti sono due e diverse le ratio sulle spese di ispezione nelle due norme.

  1. L’incipit del 7° c. (I provvedimenti..) chiarisce che la norma afferisce tutta la procedura del 2409 cc., mentre il 2° c. afferisce e regola solo la prima fase della procedura.
  2. Il Legislatore del ’42 il 7° comma lo dedicava al PM denunciante, ed ha posto la norma eccezionale che lo esenziona dalle spese d’ispezione sia in via anticipata che definitiva, sia nel torto che nella ragione.
  3. Il Legislatore del 2006, adeguandosi alle nuove realtà (vedi Legge Delega), ha “aggiunto” i soggetti deputati al controllo delle società (collegio sindacale , etc). E non a caso ponendoli nel 7° comma e non nel 1° o 2° comma, o in un comma ad hoc:  ciò proprio perché detti soggetti sono svincolati dal principio di anticipazione come di soccombenza, nel torto come nella ragione. A differenza dei soci (2° c).
  4. Anche l’assenza della cauzione nel 7° comma depone per una diversa ratio dei commi.

In buona sostanza, i soggetti del 7° comma hanno un rapporto ed una posizione di diritti ed interessi ben diversa dal socio nella società e ciò legittima una diversa normazione: il 2° riguarda le sole anticipazioni delle spese ispettive, il 7° le spese ispettive anche per la fase finale della procedura.

Non va sottaciuto che il socio potrebbe strumentalizzare l’istituto per intralciare abusivamente l’operato dell’amministratore e/o della società per fini diversi dall’accertamento della mala gestio  (es. voler venire a conoscenza di questioni interne, di clientela per poi stornarla, di segreti aziendali, etc). Tant’è che è prevista solo per lui la cauzione. Quindi anticipare le spese è un responsabilizzarlo. 

Anche l’interpretazione sistematica delle differenze letterali, topografica, di previsione di una cauzione all’interno dell’art. 2409  c.c. porta quindi, a nostro avviso, all’interpretazione sulle spese ispettive per come qui la intendiamo.

A tacere poi del fatto che l’ispezione può essere ordinata d’Ufficio, cosicché si potrebbe verificare l’assurdo che il ricorrente, anche se vi è evidenza immediata delle gravi irregolarità tanto da portarlo a non chiedere l’ispezione nel ricorso, è costretto comunque a subire costi di tale atto imposto dall’Ufficio ma da lui non richiesto. 

In più, l’inquadramento della figura dell’Ispettore negli ausiliari del Giudice propende per l’interpretazione della norma in commento come sosteniamo. A conferma, il decreto Tribunale Roma del 29/30.03.2022 n 1825 (inedito)  ha statuito “…ritenuto che l’ispettore giudiziario nominato dal tribunale nel corso del procedimento ex art. 2409 c.c. rientra nel novero degli ausiliari del giudice ex art. 68 c.p.c., per cui si deve far riferimento alla disciplina di cui agli artt. 52 e 53 disp. att. c.p.c. per la liquidazione del relativo compenso e che appare condivisibile l’orientamento della giurisprudenza di merito per il quale, ai fini della determinazione dei compensi, deve farsi riferimento al DM 30/5/2002…liquida all’ispettore giudiziario (la somma di €… ndr) ponendo il pagamento a carico della società …… srl”. (parimenti Cass. n. 2141/97).

Difatti l’art. 3 co. 1 lett. n.), D.P.R. 30.05.2002 n. 115 afferma che “ausiliario del magistrato è il perito, il consulente tecnico, l’interprete, il traduttore e qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all’ufficio può nominare a norma di legge.

E sulle spese in favore degli ausiliari del giudice nella procedura ex art. 2409 cc, la Giurisprudenza è pacifica: “le spese sostenute dalla società nel corso dell’amministrazione giudiziaria, disposta dal giudice ai sensi dell’art. 2409 c.c. non possono gravare sui ricorrenti, sia se si tratti del compenso dell’amministratore giudiziario, sia se relative alla gestione ordinaria, o straordinaria, necessaria per eliminare le gravi irregolarità riscontrate, in quanto è la società che si giova dell’attività di tale ausiliario del giudice (Cass.n. 27663/11; in senso analogo, cfr App. Milano, 22 giugno 2012, in Società, 2012, 1099). Come da giurisprudenza costante le spese degli ausiliari del Giudice sono sempre poste a carico del soggetto tenuto ex art. 91 c.p.c.

Da ultimo. In altre aree del diritto i principi in tema di spese per l’ispezione delle società o enti coincide con la ricostruzione sopra operata:

  1. Ai sensi dell’art. 152 T.U.F. “Il collegio sindacale o il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione, se ha fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono recare danno alla società o ad una o più società controllate, possono denunziare i fatti al tribunale ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile. In tale ipotesi le spese per l’ispezione sono a carico della società ed il tribunale può revocare anche i soli amministratori. Il comma 2 del già citato art. 152 T.U.F. afferma “La Consob, se ha fondato sospetto di gravi irregolarità nell’adempimento dei doveri di vigilanza del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione, può denunziare i fatti al tribunale ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile; le spese per l’ispezione sono a carico della società”.
  2. Anche la giurisprudenza amministrativa è (seppur nell’ispezione del Collegio ex 118 cpc ma coadiuvati da Architetto alias ausiliario) nel senso da noi qui reclamato: “Considerato all’uopo necessario procedere, ai sensi dell’art. 118 c.p.c., mediante l’ispezione diretta dei luoghi da parte del Collegio, assistito da un Architetto, iscritto al locale Ordine di Latina,… L’onere conseguente, liquidato dal Consigliere Relatore, all’uopo delegato dal Collegio, è posto a carico della parte soccombente e provvisoriamente anticipato, se richiesto, dalla parte ricorrente”, Tar Latina, 517/04, in Altalex.it)

Conclusivamente, riteniamo che una interpretazione effettiva e corretta del 2° comma dell’art. 2409 c.c. non possa che portare a ritenere che la norma disciplini unicamente i provvedimenti sulle anticipazioni delle spese di ispezione e non i provvedimenti di chiusura.  

Conseguentemente anche le spese di ispezione dovranno seguire la sorte delle spese di difesa poste a carico della parte sostanzialmente soccombente o al più a carico della società nel cui interesse il socio-ricorrente ha agito in giudizio. Tranne nel caso in cui venisse rigettato il ricorso, ma anche qui potrebbero farsi dei distinguo, che per la sinteticità, già abusata,  della presente sede non affrontiamo ora.   

                                                                                                                                                        Avv. Enrico Perrella 

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